Oggi vi porto a Palermo, che fa del fritto un’arte e dell’olio che bolle un vanto popolare. Saremo qui per visitare la città ma, soprattutto, per assaggiare tutte le forme di cibo da strada che mette a disposizione degli avventori.
Lo “street food” intempesta per le strade di tutte le città d’Italia ormai. Con il concetto di truck, allegro e colorato, così come di locali piccoli senza posti a sedere che vendono cibo da mangiare camminando. Presentano quasi tutti alimenti in versione mignon, per poter essere inghiottiti con una certa dimestichezza. Tutto molto bello. Molto moda. Ma alla fine dei giochi molti posti propongono semplicemente come “streetfood” una forma di cucina pregiata, ma in versione on the go.
Bella, buona, ricercata. Ma non è il concetto con cui è nato.
Street food all’italiana non ha niente a che vedere con miniporzioni delicate, ciambelline colorate, spiedini di pesce crudo e cupcakes zuccherosi. Quando lo nominiamo, parliamo di quello vero. Quello unto. Quello che cola. Che ti fa vergognare di ogni morso dato in mezzo alla gente. Ma che ti lascia felice e appagato come nient’altro al mondo. In Italia abbiamo numerosi esempi di cibo da strada storico e regionale. Dalla pizza fritta napoletana alla piadina romagnola.
Ma l’unica regione che possiede innumerevoli esempi di diverse tipologie di “street food” è solo una: la Sicilia. Ma, soprattutto, Palermo. Vessillo di questa cultura alimentare. Dove le ricette venivano cucinate nelle abitazioni private, come riciclo intelligente di pasti troppo abbondanti e sfarzosi, e venduto al piano terra dei palazzi. I passanti quindi venivano nutriti e accontentati dalle stesse donne della casa, che friggevano e cucinavano in quantità industriale i loro “manicaretti del riciclo”, riempendo le strade di profumi inebrianti.
Le ricette rimandano a una cucina povera. Ingredienti di prima reperibilità per tutte le famiglie, come le interiora, ci insegnano forme di riciclo creative e gustose, per evitare sprechi inutili.
Quando si mangia per strada, in Sicilia, non lo si fa per moda. Né per comodità. Ad ogni morso si ingerisce una parte della storia di questa terra. Si entra in contatto con la cultura, culinaria e familiare, sulle cui basi è costruita ancora adesso una città come Palermo. Una città di porto che raccoglie (e accoglie) dentro di sé diverse culture. Queste si intrecciano. Non si sovrastano ma si fondono. Dando vita a ricette e colori più belli, più buoni, migliori. Palermo è simbolo di integrazione e accoglienza, nella sua architettura come nella sua cucina. un sovrapporsi di diversità che arricchisce senza sottrarre nulla.
Ma visto che sarete affamati…parliamo subito delle varie prelibatezze che potrete trovare lungo le strade. Vi imbatterete in pietanze per stomaci forti, abituati alle interiora e ai sapori decisi, ma anche in quelle per tutti gli altri comuni mortali:
- In principio furono le stigghiole, Street food tipico siciliano per amanti delle frattaglie. Servito per strada dallo stigghiularu. Sono budella di agnello (ma a volte anche pollo o capretto) infilzate in uno spiedino e cotte alla brace.
- Panino con la milza. Come a Firenze c’è il lampredotto, a Palermo istituzione nazionale è pani ca’ meusa. Questo piatto famosisssimo si prepara utilizzando del pane morbido (pane buono come quello dei forni palermitani non ne mangerete mai più), che viene farcito con milza e polmone tagliati a pezzettini. Questi sono stati prima bolliti e poi fritti nello strutto. Una botta di leggerenza che “fiesta non ci vedo più dalla fame” scansate.
- Pane e panelle. A Palermo si è soliti dire “pane panelle e patate vugghiute tutti i fimmini SUNU chiattuni”. Questo perché uno dei cibi di strada più amati in città è proprio il pane morbido farcito con le panelle, frittelle a base di farina di ceci. Un piatto molto amato e (forse) anche l’unico della cucina palermitana totalmente vegano
- Pani cunzatu. Una forma “povera” del panino imbottito. Nasce per chi non poteva permettersi di farcirlo, realmente, con carne o affettati. È, però, un cibo da strada di tutto rispetto, saporito e profumato con i sapori e gli odori della terra sicula. Il pane viene tagliato a metà e condito con sale, olio buono, pomodoro, origano e qualche acciuga.
- Calzoni fritti: questi fanno parte di quella che viene definita dalla tradizione “rosticceria palermitana”. un cult della cucina casalinga siciliana. Si tratta di una serie di “pezzi”, prodotti tutti con la stessa base: una sorta di pan brioche, molto soffice e profumato, con cui possono essere create diverse preparazioni. Compresi i calzoni fritti. Questi sono farciti con prosciutto e formaggio o con il ragù. Vengono solitamente cotti in forno (eresia) o fritti (bontà assoluta).
- Arancine. Come non nominare queste perle dorate e meravigliose? Simbolo della sicilia stessa. Oggetto di contesa tra Palermo e Catania per il loro “genere”. Arancina o arancino? Dilemma imperituro mai risolto. Io sono mezza palermitana e continuerò a chiamarle Arancine. Belle e femminili. Si tratta semplicemente di una palla di riso (di solito aromatizzato allo zafferano) fritta. Farcita, di solito, con ragù, piselli e del caciocavallo. In ogni caso, spesso, viene condita con burro, prosciutto e formaggio. Può trarre in inganno la sua somiglianza con il supplì, ma sono due pietanze molto diverse. Il supplì ha il riso totalmente condito con il pomodoro (o il ragù) e nasconde una sorpresa di mozzarella filante. L’arancina vuol il riso in bianco (aromatizzato con burro o zafferano) e all’interno la farcitura di ragù o prosciutto e formaggio. Per non parlare poi della forma (rotonda o a cono per le arancine. Allungata per i supplì) e la grandezza. Le arancine infatti vengono considerate quasi un piatto unico, non un antipasto, in vista della loro abbondanza e dimensione.
- Cannoli. Arriviamo al cibo da strada per eccellenza. Il cannolo è uno dei dolci italiani più conosciuti e amati nel mondo. Il nome deriva dalle canne del fiume, attorno cui veniva arrotolata la cialda, prima di essere fritta nello strutto. Attualmente si utilizzano semplici forme di metallo e olio bollente. Ma il fascino dell’antica preparazione viene ancora tramandato in alcuni paesi. Si tratta quindi, semplicemente, di una cialda fritta. Farcita con la ricotta addolcita dallo zucchero e arricchita da gocce di cioccolato fondente. Il segreto sta nel comprarlo in posti dove venga farcito al momento, per preservare il più possibile la sua croccantezza.
Tra tutti i tipi di cibo da strada assaggiati a Palermo posso consigliarvi due posti imprescindibili durante una visita:
- migliore arancino e rosticceria palermitana-bar oscar
- Miglior cannolo-pasticceria cappello
Non il migliore come gusto ma sicuramente come esperienza riporto anche “i cuochini“. Si tratta di una storica rosticceria palermitana. presente dal 1826 vicino piazza Politeama. Questo posto permette una vera esperienza di “cibo da strada” perchè il laboratorio si trova all’interno del cortile di un palazzo del centro. all’interno vige il silenzio e la tranquillità, in netto contrasto con il caos del centro. Qui potrete gustare alcune prelibatezze della gastronomia palermitana in dimensione più ridotta (così da permettervi di assaggiarne diverse tipologie). Impossibile non provare il timballetto di capellini d’angelo almeno una volta!
Visto che immagino non sarete atterrati fino a Palermo unicamente per mangiare (o forse si) vi do qualche indicazione per passare giornate meravigliose, alla scoperta di questa incredibile città:
- La Cattedrale. Esempio architettonico del susseguirsi costante delle culture. Prima basilica paleocristiana, poi moschea durante la dominazione araba, infine nuovamente chiesa con i Normanni. Le tracce di tutti gli stili daranno un’idea molto chiara sulla fusione delle culture che rappresenta Palermo e la Sicilia in generale.
- La Martorana. Una delle più belle chiese bizantine d’Italia. Anche qui sono evidenti i contrasti arabi e normanni.
- Catacombe dei Cappuccini. Per persone poco impressionabili, questo luogo lascia un senso di inquietudine incredibile. Sono conservate al suo interno numerose “mummie” di frati e nobili locali. Un luogo dove “i vivi incontrano i morti”. Una pratica antica per permettere ai cari di continuare a vedere gli amati scomparsi.
- Palazzo dei Normanni. È una delle residenze reali più antiche d’Europa. Al suo interno si trova la Cappella Palatina, di strabiliante bellezza. Mosaici Bizantini la affrescano regalando uno scenario incredibile.
- Fontana Pretoria. Denominata anche fontana della vergogna per la nudità delle statue che l’accerchiano.
- I mercati della vucciria e di ballarò. Non si conosce Palermo, e la Sicilia in generale, se non si passa del tempo nei suoi mercati. Colorati, profumati e chiassosi. Sono luoghi dove l’integrazione e la fusione sono ancora più evidenti.
Se avrete più di qualche giorno il mio consiglio è di spostarvi lungo la costa. Arrivare alla riserva naturale dello zingaro. Godere del mare ancora selvaggio e incontaminato e fermarvi a San Vito Lo Capo. Prossimamente vi darò anche il nome di un ristorante da cui si gode uno dei tramonti più belli della sicilia.