
Cecilia Brugnoli in Roma che Amo.
Classe 93, Laurea magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale con una tesi dal titolo “Archivi e memorie del femminismo italiano degli anni settanta: il caso di Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi”.
Prosegue la sua formazione con corsi di alto profilo sul documentario interattivo e sul videomaking presso la Cineteca di Bologna. Negli anni si occupa di fotografia e video, con particolare attenzione al mondo del documentario. Negli ultimi anni segue le riprese e il montaggio di “Io sono femminista!“, un documentario dedicato al movimento femminista degli anni ’70 a Bologna.
(Io ho avuto l’onore di vedere la proiezione alla Casa dell Donne Lucha y Siesta a roma ed è stata una vera emozione)
Partecipa alla realizzazione del documentario interattivo sull’artigianato bolognese “Duv’Art, le strade dell’artigianato” e, poi, realizza “No balls required”, un corto che racconta il mondo del Roller Derby, sport femminile.
Fa parte di CODE cultural collective, associazione bolognese che si occupa di formazione e progetti riguardante l’arte ed è fondatrice di Menabò zinefest, festival dedicato al mondo delle fanzine fotografiche. Founder anche di Covisioni, progetto di fotografia contemporanea che coinvolge 40 fotografi e che racconta per un anno l’Italia post primo lockdown.
Progetti visionari anche legati alla nostra città. Artista, attivista e romana doc! Conosciamo meglio Cecilia Brugnoli in Roma che Amo:
- Cecilia, hai pubblicato da poco un libro fotografico su Roma, parlacene un pochino! In realtà non è un vero e proprio libro, il termine corretto sarebbe fanzine fotografica, ovvero una piccola autoproduzione a tiratura limitata. Per la prima volta in vita mia mi sono trovata quasi tutto il mese di agosto a Roma, ho iniziato a vedere una città diversa da quella che ricordavo, anche perchè oramai erano anche 5 anni che vivevo a Bologna! Per me Roma era diventata una città che potevo vivere nel migliore dei modi possibili, tornando il weekend e godendomi solo le sue meraviglie. Poi è arrivato questo strano agosto del 2020 e ho riscoperto la mia città. Un senso di disagio che mi attraeva. Ad agosto, per le vie di Roma, mi sono ritrovata a canticchiare il pezzo di Chicoria che nella canzone Butterfly Knife dice: “Roma ad agosto nun è ‘n bel posto ‘na città fantasma”. Quell’abbandono e quella sciatteria che durante tutto l’anno sono nascoste e camuffate dalle persone, dal traffico, dalla confusione… ad agosto sono in bella mostra, come in un museo. E passeggiando sono rimasta affascinata da queste opere. A quel punto, la cosa più istintiva da fare, visto che non c’era nessuno, è stato fotografarle. Ho preso una macchinetta fotografica analogica che porto sempre con me e dal 1 di agosto fino al 31 ho scattato, un po’ per caso, un po’ per curiosità e ho scoperto anche zone che non avevo mai visto, vicino all’ippodromo di Tor di Valle e vicino a Piramide. Il primo di settembre ho fatto sviluppare tutti i rullini e il progetto è venuto fuori da solo.
- Ma alla fine Roma ad agosto, com’è? Roma ad agosto è maledetta e affascinante. La mia estetica è sempre stata attratta da quello che possiamo comunemente chiamare “brutto” ma in realtà cela degli elementi veramente interessanti. Zone abbandonate che ti mostrano chi ci viveva o chi ci è passato. Scritte sui muri che segnano un’epoca. Roma ad agosto è nuda e cruda e si mostra così, a chi la vuole vedere, senza doverla giudicare. Durante il mese di agosto capitava di passare con la macchina in zone totalmente deserte e mi è sembrato un po’ come se la città si stesse facendo vedere solamente a me, così la fanzine è una sorta di narrazione privilegiata di una città che mi ha fatto un piccolo regalo.
- Quanto c’è di Roma in te e nel tuo lavoro? Roma per me è tanto, senza volere mi rendo conto che spesso esce nei miei lavori. Ho fatto un progetto, curato da Sara Palmieri, e mi sono accorta che involontariamente avevo inserito anche delle immagini di Roma per raccontare le mie origini. E’ una città che mi fa stare male. La amo, ma per necessità lavorative non sono lí. Evidentemente il mio inconscio ne sente la mancanza e, vuoi o non vuoi, in qualche modo me lo ripropone. Poco dopo aver stampato la fanzine, ad un mese dalla mia partenza per Bruxelles, ho deciso di farmi un regalo e di tatuarmi sulle caviglie un nasone e il gazometro di Ostiense. E’ stato per me un simbolo e credo che Roma sarà sempre nei miei progetti. Essere cresciuta a Roma ha influenzato molto la mia visione artistica, la periferia, il degrado, il disagio di alcune zone, le metro, gli autobus, le tag sui muri… fa tutto parte della mia adolescenza e credo che faranno sempre parte del mio immaginario.

- Un posto della città che riesce a darti più ispirazione per i tuoi progetti? Le prime foto le ho scattate vicino a Piramide e per me il gazometro è uno di quei posti dove posso passare 100 volte, ma mi costringe sempre a fermarmi per fotografarlo. Quello che viene chiamato anche il colosseo industriale… per me è un simbolo! Ho studiato alla triennale lì davanti e tutti i giorni me ne innamoravo. Mi piaceva d’inverno, con la pace e il silenzio sul lungotevere. Probabilmente questo è uno dei posti di Roma che per me ha più valore a livello di formazione artistica, anche perché ho scattato lì le prime foto alle band con cui collaboravo.
- Dove ci porteresti per vedere la bellezza di Roma da un’altra prospettiva? Una che non riusciamo a vedere? Meno patinata e turistica? Questa è una domanda un po’ complicata, Roma è piena di zone veramente affascinanti. Sicuramente quando un amico che viene a Roma mi chiede un consiglio su un posto da visitare, io come prima cosa dico sempre la Centrale Montemartini. Un museo che contiene al suo interno l’essenza della Roma che piace a me, la storia classica con delle statue meravigliose, ma anche l’archeologia industriale perché si tratta del primo impianto pubblico di Roma per la produzione di energia elettrica. Alla fine degli anni 90 vennero portate all’interno della centrale delle statue dei Musei Capitolini. Il museo, per sfortuna sua, ma anche per fortuna mia, è poco conosciuto e quando entri sei solo nelle stanze e sembra di essere in un film, l’atmosfera è veramente surreale. Un quartiere, poi, che ho scoperto per caso (la prima volta letteralmente perdendomi in macchina) è la Certosa. Si trova tra il Pigneto e Tor Pignattara, ed è un posto particolarissimo: sembra di arrivare in una realtà lontana. Il sabato a pranzo il ristorante della via mette i tavoli in piazza e le macchine che arrivano lo sanno, non suonano e non rosicano (come si suol dire), aggirano l’ostacolo e lasciano la piazza ai commensali. E’ una zona dall’aria genuina che fa bene all’umore.
- Sei anche un’attivista, come possiamo dedurre anche dai tuo progetti professionali, il posto di Roma più femminista? Dove senti tremare l’energia delle donne? Ho conosciuto il femminismo militante a Bologna, quando studiavo per la magistrale, quindi il femminismo che conosco fa riferimento maggiormente a spazi bolognesi. Sicuramente un ruolo importante a Roma per me lo ricoprono le piazze. Quando ho potuto sono sempre tornata a Roma per le manifestazioni del 25 novembre, per le giornate di lotta contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Quindi per me particolarmente significativa è Piazza della Repubblica, dove ogni Novembre durante le manifestazioni camminavo tra la folla cercando le compagne di Bologna o quelle di Roma. Ma forse il ricordo più bello ed emozionante del mio femminismo romano è stato quando, nell’estate del 2019, ho presentato con Teresa Rossano il nostro documentario “Io sono femminista!” alla Casa delle Donne Lucha y Siesta. (e c’era anche ticiporto!).

- Fotografi anche cibo… qual è il tuo piatto romano preferito? Ma soprattutto dove lo mangi? Si! Per 3 anni ho lavorato come food photographer, soprattutto a Bologna, ma ovviamente la cucina romana è rimasta la mia preferita. Per me, la trinità della cucina romana è: il supplì, i bucatini all’amatriciana e la cicoria ripassata. Da tradizione familiare la cucina romana si mangia da Candido (ovvero La Sagra del Vino alla Balduina), ma nel mio cuore ci sono anche anche la polpetta di coda alla vaccinara e il tonnarello cacio e pepe di Santo Palato a San Giovanni, la carbonara e il supplì classico di Conciabocca e il panino con la picchiapò di Mordi e Vai al mercato Testaccio.
- Sei in viaggio… cosa ti mancherà di più della Roma che Ami? Della Roma che amo mi manca tutto quello che ti ho raccontato adesso: i posti, il cibo e anche un po’ il disagio. Sicuramente adesso quando torno a casa mi sembra di essere in vacanza e di potermi godere delle cose che vivendoci magari non riuscivo neanche a fare. Forse la cosa che mi mancherà di più è quella sensazione di continuo stupore, quando sei in mezzo al traffico e ti trovi al tramonto su Lungotevere e ti innamori sempre un po’. Certo che poi basta un claxon per riportarti alla realtà, però è una sensazione unica che non riesco a provare in nessun’altra città.
- Ti sei trasferita da poco a Bruxelles, come sta andando? Su Bruxelles posso dirti poco, purtroppo sono arrivata in pieno lockdown e al momento la situazione continua ad essere la stessa. Sicuramente ha un’aria che mi piace e mi stimola, da amante dell’inverno mi affascina molto. Al momento me la sto godendo solo da casa, cercando di cogliere e studiare le sfumature di colori dei tramonti e delle albe. Tra le cose che mi affascinano di più c’è il sole, delle volte è fortissimo, anche con – 10 gradi senti la sua forza colpirti dalle finestre, altre volte invece sembra timido, nascosto tra le nuvole e crea una luce e un’atmosfera surreale. Spero di scoprirla il prima possibile!
- I tuoi prossimi progetti? Al momento è tutto un “work in progress” dato il momento, ma stiamo lavorando ad una versione online del festival Menabò, dedicato alle fanzine fotografiche. Con il collettivo Covisioni stiamo portando avanti un racconto fotografico dell’Italia post lockdown, lavorando ad un libro e ad una mostra. Personalmente sto partecipando a piccoli progetti, una produzione editoriale indipendente cilena, un takeover per Duna.project e nei prossimi mesi farò parte di una mostra collettiva che si terrà a Venezia nella galleria a.topos.
Sono sicura che sentiremo parlare di te… non solo qui, ma ovunque il tuo estro e la tua creatività riusciranno a portarti! Grazie a Cecilia Brugnoli in Roma che Amo.
Se volete scoprire gli altri ospiti di Roma che Amo cliccate QUI!